Martin Splitt di Google ha recentemente risposto in un podcast a una domanda riguardante l’effetto che i link interni con attributo nofollow e le direttive meta tag noindex potrebbero avere sulla percezione della qualità di un sito web da parte di Google.
La risposta alla domanda arriva circa al minuto 1:15:
Alcuni temono che l’uso di questi tag possa inviare a Google un segnale negativo, indicando che il sito potrebbe essere di bassa qualità.
Ma è davvero così?
Cos’è l’attributo nofollow e perché viene utilizzato?
L’attributo nofollow è stato introdotto come standard da Google, Yahoo e Microsoft per aiutare gli editori a segnalare che un link specifico non dovrebbe essere considerato affidabile o non dovrebbe influire sul ranking del sito di destinazione.
Questo attributo è spesso utilizzato per i link che si trovano in contenuti generati dagli utenti, come nei commenti, o per i link a pagamento, dove è importante che non ci sia un’influenza diretta sul posizionamento nei motori di ricerca.
I consulenti SEO hanno scoperto che i link con l’attributo nofollow non trasferiscono PageRank (il valore che Google assegna a una pagina in base ai link in entrata), il che ha portato alcuni esperti a cercare di manipolare il flusso di PageRank sul proprio sito.
Questa pratica, nota come PageRank Sculpting, consisteva nel mettere l’attributo nofollow su link interni non importanti, come quelli che puntavano alla pagina privacy o condizioni del sito ecc, per concentrare il PageRank su pagine più rilevanti.
Tuttavia, questa strategia si è rivelata inefficace, poiché Google, in una spiegazione semplificata, suddivide il PageRank tra tutti i link su una pagina, inclusi quelli con attributo nofollow. Anche se la pratica del PageRank Sculpting ha perso efficacia, l’uso di link nofollow su pagine interne non ha mai rappresentato un problema significativo per Google.
Il meta tag noindex: cosa fa e cosa non fa
Il meta tag noindex è una direttiva che indica ai crawler, come Googlebot, di non includere una determinata pagina nei risultati di ricerca. Questo tag è spesso utilizzato per impedire la scansione di pagine specifiche che non si desidera far apparire nelle SERP (Search Engine Results Pages).
È importante notare che il tag noindex non ha nulla a che fare con la qualità del contenuto della pagina. È semplicemente un tag per controllare quali pagine devono essere indicizzate e quali no. Non indica in alcun modo a Google che una pagina è inaffidabile o di bassa qualità.
La risposta di Martin Splitt: no, i link nofollow e i tag noindex non indicano bassa qualità
Quando gli è stato chiesto se l’uso di numerosi link nofollow o noindex potesse far pensare a Google che un sito web abbia molte pagine di bassa qualità, Martin Splitt ha risposto chiaramente che non è così.
Ha spiegato che l’uso del tag nofollow non segnala a Google che il contenuto è di bassa qualità. Piuttosto, indica semplicemente che il proprietario del sito non è sicuro di volersi associare a un determinato link. Le ragioni possono essere diverse: il link potrebbe portare a contenuti generati dagli utenti, o il proprietario del sito potrebbe non essere sicuro della destinazione del link nel lungo termine. In questi casi, usare rel=nofollow è una pratica accettabile.
Inoltre, Martin ha suggerito che, se si tratta di contenuti generati dagli utenti, potrebbe essere più appropriato utilizzare rel=ugc (User Generated Content) anziché rel=nofollow, per segnalare che il link proviene da un utente esterno.
Nofollow e noindex non penalizzano la qualità del sito
Per ricapitolare, l’uso di link nofollow e tag noindex non è collegato in alcun modo a un giudizio di qualità da parte di Google.
Questi strumenti possono essere utilizzati liberamente per gestire i contenuti del proprio sito senza timore di influire negativamente sulla percezione della qualità del sito da parte dei motori di ricerca.