Hai presente quando cerchi un’immagine su Google e trovi descrizioni tipo “immagine123.jpg” o peggio, “foto-di-qualcosa“?
Ecco, John Mueller di Google ha appena svelato un segreto: l’alt text o testo alternativo non è fatto per i motori di ricerca, ma per le persone.
Soprattutto per chi non può vedere.
Ma allora, perché tutti parlano di ottimizzare le immagini per la SEO? E come diavolo ci si posiziona su Google Immagini? Facciamo chiarezza.
Alt text: accessibilità vs. SEO
John Mueller, il “Gandhi” di Google, ha condiviso un post di Jeffrey Zeldman che ribadisce:
“L’alt text serve prima di tutto per l’accessibilità”.
Tradotto: se metti descrizioni solo per far felice l’algoritmo, stai sbagliando tutto.
Cosa c’entra il W3C?
Il W3C (quelli che decidono come funziona il web) hanno creato un “albero decisionale“ per l’alt text.
È una specie di flowchart che ti fa domande tipo:
- “L’immagine contiene testo?” → Se sì, scrivilo nell’alt.
- “L’immagine è un link o un pulsante?” → Se sì, spiega dove porta.
- “L’immagine è puramente decorativa?” → Se sì, lascia l’alt vuoto.
Morale: non serve riempire ogni alt text con keyword. A Google non frega nulla se scrivi “scarpe running blu scontate” invece di “scarpe“.
“Ma io voglio posizionarmi su Google Immagini!” – E allora?
Nessuno ti vieta di pensare alla SEO, ma non essere un egoista.
L’alt text è come i sottotitoli di un film: se li metti male, chi è sordo non capisce la trama.
E Google odia i contenuti inaccessibili.
Come bilanciare accessibilità e SEO?
- Se l’immagine è importante (es. un grafico o un prodotto), descrivila in modo chiaro: “Grafico vendite 2023: +30% rispetto al 2022“.
- Se è decorativa (es. un’icona di cuore), lascia l’alt vuoto o usa “”.
- Se usi immagini create con l’intelligenza artificiale, assicurati che abbiano senso. Un’immagine di un “gatto con le ali” va descritta per quello che è, non come “gatto volante SEO-friendly”. Poi andrebbe comunicato che trattasi di immagine prodotta da uno strumento di AI generativa.
Esempi pratici: cosa fare e cosa evitare
Caso 1: immagine di un prodotto
- Sbagliato: “scarpe”.
- Giusto: “Scarpe da running Nike Air Zoom Pegasus 40, colore blu elettrico”.
Caso 2: immagine decorativa
- Sbagliato: “Fiori gialli primavera” (se sono solo uno sfondo).
- Giusto: “” (alt vuoto).
Caso 3: immagine in un link
- Sbagliato: “Clicca qui“.
- Giusto: “Scopri le offerte sulle scarpe da running“.
Perché Google sembra contraddirsi?
Mueller ha detto una cosa ovvia ma rivoluzionaria: “L’alt text non è roba SEO, ma di accessibilità“.
Questo non significa che la SEO non conti, ma che non devi sacrificare l’accessibilità per i motori di ricerca.
Cosa succede se ignori l’accessibilità?
- Google ti penalizza indirettamente, perché i siti inaccessibili offrono una user experience scarsa.
- Perdi utenti: Il 16% della popolazione mondiale ha disabilità. Vuoi davvero ignorarli?
Il mio consiglio
- Prima pensa alle persone, poi a Google.
- Usa l’albero decisionale del W3C quando sei in dubbio.
- Non ossessionarti con le keyword: Meglio “Ragazza che ride con un cane” che “Divertimento animali SEO 2023“.
E se vuoi posizionarti su Google Immagini, lavora su:
- Nomi file descrittivi (no a IMG_4567.jpg).
- Testo intorno all’immagine pertinente.
- Velocità del sito (se la pagina non carica, non ti cerca nessuno).
E ora? Tocca a te!
Hai mai messo un alt text tipo “foto-importantissima.jpg“? O hai esempi di descrizioni ridicole? Scrivilo nei commenti e ridiamoci su. E se hai domande, chiedi pure. Non mordo… quasi mai. 😉